Tuono e Fulmine

TUONO e FULMINE
Che succede quando siamo sotto un violento temporale?
Un lampo, un boato, e il fulmine è scoccato dalle nuvole che si scontrano l’un l’altra. Ed è già arrivato a terra. Sono guai molto seri per chi è prossimo all’ impatto di quella folgore elettrica. Se è ad altissimo potenziale, quando arriva brucia, devasta, disgrega tutto.
L’effetto della scarica elettrica sull’uomo è di produrre profonde bruciature nel punto in cui è passata la corrente (tipicamente nella testa, nel collo e nelle spalle). Certo, l’intensità o la potenza della scarica è determinante come causa dei danni ma c’è da rilevare che solo il 20-30% delle persone colpite da un fulmine muoiono. La morte avviene o per arresto cardiaco o per paralisi respiratoria. È stato inoltre appurato che negli ultimi anni c’è stata una diminuzione dei morti a causa di fulmini.
Se ciascuno di noi si trovasse nel pieno di un temporale e vedesse un lampo tra le nuvole e dopo 9 secondi ode il rombo del tuono, é possibile calcolare la distanza che lo separa dal luogo in cui è caduto il fulmine.
La velocità del suono può essere così stimata a:
– velocità del suono 340 m/s (nell’aria)
– la velocità della luce è stimata a circa 300.000.000 metri al secondo.
Questa enorme differenza (che viene annullata nelle nostre percezioni) ci permette di affermare senza grande errore che il lampo venga visto esattamente nell’istante in cui si è scatenato il fulmine. Il boato del tuono arriva poi, in ritardo.
Dai valori della velocità del suono abbiamo visto che esso impiega circa 3 secondi a compiere un chilometro nell’aria. Calcolando quindi l’intervallo di tempo intercorso tra lampo e il rombo avremo una distanza stimata di circa 3 km (340 metri per i 3 secondi contati)
Quando una volta le nonne accudivano i bambini in campagna insegnavano questa favoletta: appena si vede il lampo che scocca nel cielo occorre contare i secondi fin quando si ode il tuono. Come già detto, se arriva sino a 3 secondi significa che l’esplosione elettrica tra nuvole di differente potenziale nel cielo è avvenuto a circa 1.000 metri di distanza. Se il conto arriva a fino a. 6 la deflagrazione elettrica è avvenuta alla distanza di 2.000 metri circa. E cosi via…
 
Il Fulmine, ipotesi fra certezze e possibilità, fascino e pericolo. Forse una tragedia
Il fulmine è il fenomeno atmosferico che probabilmente più di tutti divide l’opinione pubblica tra fascino, bellezza e tra violenza e temibilità. Nulla in natura è scontato o inutile, e in particolare le fulminazioni servono a mantenere inalterata la quantità di cariche elettriche presenti nell’atmosfera.
Immaginiamo nella nostra mente una nube temporalesca (carica di elettricità) in tutta la sua maestosa forma. Possiamo provare a semplificare dicendo che la base della nube, dove si trovano le particelle più grandi, può assumere una carica negativa, mentre la sommità della nuvola, dove ascendono le particelle più piccole spinte dalle correnti interne, sarà una carica positiva.
L’induzione di carica positiva sul terreno sottostante, esercitata dall’elettricità negativa alla base della nube non fa altro che generare forze attrattive e repulsive tra le molecole d’aria circostante che si elettrizzano. Tali condizioni, quindi, in particolare sulla grande differenza di potenziale che si genera, innescano la vilenza elettrica.
La genesi di ogni folgore è però molto più complessa di quanto si riesca ad immaginare- la velocità con cui risplende nel cielo risulta decisamente ingannevole sotto questo punto di vista. Ogni fulmine è composto in rapida successione dalla scarica pilota, dal lampo principale, dalla scarica guida veloce e dal lampo secondario
Dopo questa disquisizione scientifica, andiamo sul concreto e proviamo a ipotizzare alcuni consigli che certo non sono verità scientifiche ma potrebbero magari derivare sia dal buon senso che a eventi effettivamente accaduti :
1) MAI SOSTARE sotto a un ALBERO o sotto a TORRI, PALI, TRALICCI, OMBRELLONI, TETTOIE IN LAMIERA, CANNE DA PESCA o quant’altro simile come reti di filo spinato, paletti di metallo appuntito.
2) In caso di necessità ottima soluzione è tapparsi in auto, anche QUANDO PIOVE. l’AUTOMOBILE CON I VETRI CHE ISOLANO DALLA PIOGGIA e le gomme che la isolano da terra, SI TRAFORMA IN UNA OTTIMA “GABBIA DI FARADAY” ed è quindi elettricamente isolata
3) NON si deve assolutamente FARE UN BAGNO IN MARE o in PISCINA o al FIUME o LAGO perchè L’ACQUA è UN OTTIMO CONDUTTORE diELETTRICITà
4) Quando ci si trova in casa è molto importante SPEGNERE GLI ELETTRODOMESTICI, o meglio staccare la loro spina dalla rete elettrica. Particolare riguardo per LAVATRICI O LAVASTOVIGLIE e o FERRI DA STIRO. Tutti questi co9llaboratori di famiglia,’sposano’ infatti l’elettricità con l’acqua, hanno pompe elettriche e RESISTENZE di RISCALDAMENTO ELETTRICI). Idem per le stufette per combattere ilo freddo.
5) Se ci si trova in CAMPEGGIO è meglio non rimanere accucciati SOTTO LA TENDA, ma si deve uscire all’aperto e trovare rapidamente un luogo in muratura nel quale rifugiarsi
6) se ci si trova in BICICLETTA o in MOTO, che sono oggetti metallici, è preferibile scendere e andare a piedi
7) se ci si trova IN BARCA è opportuno restare lontani dall’albero d’alluminio della VELA, dei pennoni o simili . Oppure si dovrebbe legare attorno all’albero la catena dell’ancora, gettare l’ancora stessa in acqua in modo che possa trasferire in mare l’eventuale scarica elettrica che potrebbe captare.
Qui trovi cosa fare in caso di arresto Cardiaco sopraggiunto per scarica elettrica  WWW.OASI-LIFE.IT

Tumore e Bambini. Insieme a IL CUORE GRANDE DI FLAVIO

 Tumore e Bambini.

“IL CUORE GRANDE DI FLAVIO”

E’ una Associazione di volontariato nata , a seguito della scomparsa di un bambino eccezionale colpito da tumore, per aiutare chi è colpito da malattie onco-ematologiche in età pediatrica, contando sul lavoro dei volontari che credono nell’esistenza di un mondo migliore.
 
Sensibilizzare l’opinione pubblica il più possibile per aiutare i bambini meno fortunati è un nostro obiettivo; contribuire alla ricerca scientifica e dare un concreto un sostegno psico-fisico durante e dopo la malattia, per facilitare il reinserimento in società di bambini ed adolescenti colpiti da queste malattie, è un altro nostro grande impegno.
Spesso gli stessi genitori non sanno come affrontare la malattia e … i compagni di classe, gli insegnanti, gli amici … questo mostro coglie tutti impreparati, ma va combattuto con tanta grinta e con l’aiuto di tutti.
Per le attività svolte nel 2015, primo anno di vita dell’Associazione, IL CUORE GRANDE DI FLAVIO è stata accreditata dall’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma che ne riconosce il valore sociale e la sostiene, insieme ad altre associazioni di analoga natura.
Nello scorso 18 ottobre 2015 l’Associazione ha realizzato l’evento “Correndo con Flavio”, maratonina di solidarietà (con la partecipazione straordinaria di personaggi del cinema italiano) che ha visto oltre 1200 iscrizioni e permesso di raccogliere 10.000 (diecimila) euro donate all’ospedale Bambin Gesù di Roma per finanziare una specifica ricerca scientifica sui rabdomiosarcomi eseguita presso l’opbg.
Nel corso dell’anno sono inoltre state realizzate altre iniziative di beneficenza, come spettacolo teatrale, torneo di calcio, concerto, riffa, mercatino natalizio… il tutto finalizzato a raccogliere fondi.
Sono inoltre stati regalati momenti di svago per i bambini e le famiglie, come visita guidata, concerto gospel in ospedale, … ed altre attività di collaborazione con altre associazioni.
Come risultante da bilancio 2015, l’associazione ha chiuso l’esercizio con un attivo di circa 13.000 (tredicimila) euro date da E=25.000 e U=12.000.
Obiettivo 2016
Per questo secondo anno di vita l’Associazione si è posta l’obiettivo di costruire “la casa di Flavio”, una casa-famiglia destinata ad accogliere bambini affetti da malattie onco-ematologiche, che arrivano a Roma per essere curati, insieme alle loro mamme (qualche volta anche ai papà). Non vogliamo creare un dormitorio, ma un luogo accogliente dove le famiglie (lontane dai loro affetti) possano sentirsi a casa, pertanto prevediamo la presenza di volontari che diano un supporto nello studio ai bambini (consentendo di non perdere l’anno scolastico e di non rimanere indietro con i programmi) e organizzeremo attività varie di intrattenimento (attività/laboratori che coinvolgano i bambini e i genitori); organizzeremo un servizio di supporto scolastico e di accompagnamento da/verso l’ospedale, prevedendo per il futuro anche l’attivazione del servizio civile. Cercheremo di portare l’ospedale a casa, partecipando ad un progetto di assistenza domiciliare a cui sta lavorando l’ospedale insieme con associazioni come la nostra, accreditate presso il B.G.; garantiremo un’assistenza odontoiatrica per far fronte alle emergenze di bambini e genitori e faremo tutto quanto ci sarà permesso per rendere meno difficile il lungo percorso della malattia onco-ematologica.
Per la realizzazione del suddetto progetto la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ci ha fornito in comodato d’uso un alloggio sito al primo piano del fabbricato viaggiatori della stazione tuscolana di Roma, posizione strategica per le famiglie che devono raggiungere l’ospedale Bambin Gesù al Gianicolo, attraverso la ferrovia (scendendo alla stazione FS San Pietro) o la metropolitana (scendendo a Ottaviano). La vicina Stazione agevolerebbe anche la partenza/arrivo verso/da la città di origine.
L’immobile è attualmente in fase di ristrutturazione. Ci saranno tre stanze attrezzate con lavandino, letti, armadio, tavolo, poltrona/divanetto (a riprodurre tre monovani), un ambiente comune con cucina e tavolo per i momenti di condivisione quali laboratori di attività ludiche/creative/studio assistito/ecc. e due bagni.
Terminata la prima fase l’ospedale Bambin Gesù invierà le famiglie richiedenti ospitalità, attraverso una graduatoria redatta presso l’ufficio accoglienza dell’ospedale, a “la casa di Flavio” e l’associazione provvederà a tutto il resto (fornitura biancheria, pentolame, stoviglie, vitto e spostamento da/vs l’ospedale). Le famiglie ospitate saranno tre per volta, ciascuna per un periodo di tempo necessario per effettuare l’intero periodo di cure onco-ematologiche dei bambini.
L’obiettivo del progetto è quello di fare sentire a casa gli ospiti, attorniati dal calore e dall’amore dei volontari, nel rispetto della privacy e dei momenti di sofferenza. I bambini hanno bisogno di sorridere, giocare, fare passeggiate, hanno bisogno insomma di momenti di svago, cosi come pure i loro genitori, di “distrarsi dalla malattia per non pensare” (come scriveva Flavio in un suo tema). Questo è quello che ci aspettiamo di offrire.
 
Si prevede di poter inaugurare “la casa di Flavio” per ottobre/novembre 2016.
Grazie al contributo dei volontari e dei sostenitori IL CUORE GRANDE DI FLAVIO potrà diventare ancora più grande!
Per sostenere l’iniziativa partecipa alla seconda edizione della corsa “Correndo con Flavio” che si svolgerà in via Lemonia il 16 Ottobre 2016
Sarà inoltre associata all’evento una pesca di beneficenza ed una vendita di oggetti artigianali prodotti dai volontari e lo stand OasiLife di Salvamento Academy che penserà alla sicurezza dei partecipanti, il tutto finalizzato a raccogliere fondi destinati all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma.
Ospiti di eccezione sosterranno l’iniziativa.
Per tutti i partecipanti è prevista la fornitura di pettorale. Tutti i bambini iscritti riceveranno una medaglia di partecipazione e tre Biglietti per le attrazioni del parco divertimenti  OasiPark che ha messo in palio anche una festa di compleanno nel parco e una settimana di soggiorno per 4 dal catalogo Ipervacanze, per i primi tre classificati (maschile e femminile) sono previste coppa e premio, mentre per la maratona di solidarietà i ai primi tre classificati (maschile e femminile) saranno donate una medaglia ricordo ed un premio.
Tra tutti gli iscritti alle gare saranno inoltre sorteggiati ricchi premi offerti dagli sponsorlogo oasilife copleto copia-1
Per adesioni e maggiori informazioni
ilcuoregrandediflavio@gmail.com
320.6750419 – 347.2314863
Il Presidente
Milena Soldero
 
  il pensiero di Flavio “se qualcuno avesse una malattia pericolosa … gli sarei vicino”.

Pericolo radiazioni cellulari

Pericolo Radiazioni Cellulari. La salute dei Bambini è a rischio?

Di Andrea Nemiz
Pericolo Radiazioni Cellulari I Bambini sono a rischio? La comunità scientifica è divisa sulle conseguenze dei telefonini sulla salute. Sono due i principali studi che ne analizzano gli effetti, Ip e Hardell. Il primo (parzialmente) li scagiona, il secondo li accusa. Quella della pericolosità dei telefonini è una storia infinita, massimamente confusa. Che ha successivamente trovato un importante punto fermo nella decisione dell’Organizzazione mondiale della sanità, alla fine di maggio, di includerli tra le sostanze che possono causare il cancro. Al termine di una settimana di studi a Lione dove 31 specialisti da 14 Paesi hanno passato in rassegna la migliore letteratura scientifica sul tema l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc), ha modificato la sua precedente posizione. “Le prove, che continuiamo a raccogliere, sono forti abbastanza per giungere a questa conclusione” ha dichiarato uno di responsabili del gruppo di lavoro, “e per includere i telefonini nella categoria dei carcinogeni di tipo 2B”. Quello del “possibile” rapporto di causalità, che diventa “probabile” nel 2A e certo nel gruppo 1. “È necessario che ulteriori ricerche vengano fatte per chi fa forte uso di telefonini, per molto tempo” ha commentato il direttore del prestigioso Istituto “ma nell’attesa è importante prendere misure pragmatiche per ridurre l’esposizione, come auricolari e viva-voce oppure l’uso di sms”. Come invitano a fare, da tempo, molti scienziati e ancor più attivisti.
Ma procediamo per gradi. Semplificando al massimo, il campo scientifico è spaccato in due. Da una parte c’è l’Interphone (IP), un monumentale studio iniziato nel 2000 e terminato, con cinque anni di ritardo, l’estate scorsa. È costato 24 milioni di dollari e ha coinvolto tredici paesi, Italia inclusa. La sua conclusione, frutto di un wording diplomatico degno delle risoluzioni Onu, afferma che “non c’è un legame conclusivo tra l’uso dei cellulari e i tumori al cervello”. Anzi, una moderata esposizione ai telefonini sembrava addirittura abbassare il rischio di ammalarsi. Un risultato così paradossale che ha convinto i ricercatori che qualcosa doveva essere andato storto. Così nell’Appendice II, che tiene conto di alcuni correttivi e in un primo momento era stata omessa, si scopre che il rischio di glioma tra chi ha usato il cellulare da dieci anni o più risulta quasi doppio rispetto a chi non lo usa. Le principali critiche metodologiche all’IP riguardano la rappresentatività del campione. Considera “non esposti” gli utenti di cordless domestici, che pure emettono radiazioni. Solo il 5 per cento ha usato il cellulare per almeno dieci anni, tempo minimo perché la malattia mostri i primi sintomi. E, includendo indifferentemente sia i tumori ipsilaterali (dallo stesso lato dove si tiene il telefono) che quelli contralaterali, altera i risultati perché le radiazioni penetrano solo per pochi centimetri e hanno quindi un ruolo solo nella prima categoria. Insomma, tutti difetti che avrebbero finito per diluire il rischio, falsando i risultati. Dall’altro versante gli studi dello svedese Lennart Hardell, con un campione demograficamente più ampio e un numero di lungo-esposti maggiore, dimostrerebbero in maniera più univoca il nesso: per ogni 100 ore di uso il rischio di gliomi e neuromi aumenta del 5 per cento; dopo 10 o più anni del 280 e, per quelli che hanno cominciato ad adoperarlo da ragazzini, addirittura del 420 per cento.
Chi ha ragione? Per Elisabeth Cardis, epidemiologa spagnola che ha coordinato i vari team dell’IP, non c’è necessariamente conflitto con i dati svedesi: “Dire che non c’è “legame conclusivo” non significa che non ci siano fattori di rischio. Tantomeno escludere che in futuri studi, con l’aumentare dell’esposizione, il legame appaia chiaramente. Ciò che osserviamo già è la maggiore incidenza di tumori nel lobo temporale, vicino a dove si tiene il telefono, e di quelli ipsilaterali. Più che abbastanza per suggerire cautela”. Così, una volta liberatasi del ruolo istituzionale, ha firmato assieme alla collega israeliana Siegal Sadetzky, un articolo su Occupational and Environmental Medicine che si chiude così: “Indicazioni di un aumentato rischio tra gli utilizzatori forti e di lungo periodo, sia nell’Interphone che negli altri studi, sono causa di preoccupazione. Misure semplici ed economiche, come l’uso di sms, auricolari e viva voce potrebbero sostanzialmente ridurre l’esposizione del cervello. Perciò, sino a quando definitive risposte scientifiche non saranno disponibili, è consigliabile l’adozione di tali precauzioni, in particolare tra i giovani”. Come oggi ribadisce anche l’Oms.
Una cautela che, all’Istituto superiore di sanità, non condividono. “La Cardis è molto compresa nel suo ruolo di sanità pubblica”, dice Susanna Lagorio che pure si occupa di “sorveglianza e promozione della salute” e l’ha conosciuta quando guidava il capitolo italiano dell’IP. Esordisce dichiarando che “i lavori scientifici su questo punto sono tutti negativi” (poi corregge: “per la maggior parte”) e assicura che in quasi trent’anni di carriera non ha mai partecipato a uno studio “metodologicamente tanto accurato”. Dice anche di non essersi “scandalizzata” per l’apparente effetto protettivo dei cellulari “perché nella scienza bisogna essere aperti a ogni ipotesi” e nega che “tra adulti e bambini ci sia una gran differenza quanto ad assorbimento di radiazioni. Il lobo dell’orecchio, essenzialmente, è più sottile. Come genitore, piuttosto, mi sembra rassicurante sapere che mio figlio adolescente è rintracciabile via cellulare”. Che è impeccabile, se non fosse che qui si discuteva di tumori e non di incidenti o incontri molesti. Dunque, “se qualcuno è preoccupato e vuole usare l’auricolare lo faccia, ma non sarò io a consigliarglielo perché con i dati attuali non ne vedo la necessità”.
Per tutto ciò si è molto arrabbiata per una sentenza del tribunale del lavoro di Brescia che, primo in Italia se non nel mondo, a dicembre 2009 ha condannato l’Inail a versare una pensione di invalidità a un manager, riconoscendo un nesso di causalità tra il suo tumore al nervo trigemino e una media giornaliera di cinque ore tra cellulare e cordless. In un articolo su Epidemiologia & Prevenzione scritto insieme con il professor Paolo Vecchia ha denunciato “l’enormità delle conseguenze che potrebbe avere” e “il discutibile supporto alle conclusioni”. Un attacco ad alzo zero contro il perito di parte Angelo Gino Levis, già ordinario di mutagenesi ambientale a Padova. Che, nel salotto della sua bella casa, non si scompone affatto. “Tutti i periti erano d’accordo. Ho già replicato sulla medesima rivista, E sul prossimo numero di Environmental Health ribadirò il mio ragionamento”. Che, nella parte scientifica, segue Hardell aggiungendo un’interessante coda polemico-deontologica.
“Dalla banca dati di Henry Lai, della Washington University di Seattle, risulta che negli studi finanziati dall’industria c’è il 28 per cento di probabilità di trovare la conferma di un qualsiasi effetto dall’esposizione alle frequenze elettromagnetiche contro il 67 per cento di quelli indipendenti. Ecco, i soldi di Hardell sono tutti pubblici, quelli dell’IP no. E mi limito a constatare che la lettura predominante dei suoi risultati avvantaggia i privati”. Non è il solo. In Disconnect, il libro dell’epidemiologa statunitense Devra Davis, si raccontano vari episodi in cui i fondi sarebbero stati come una clava per punire chi segue piste diverse da quelle auspicate dall’industria. “Rilevo anche che, mentre si indagavano come nocivi solo gli effetti termici del cellulare, il riscaldamento della zona dove poggia, di recente sono stati dimostrati altri effetti biologici”.
Si riferisce allo studio di Nora Volkow, direttrice del National Institute on Drug Abuse inclusa da Time tra le cento persone più influenti al mondo, che ha dimostrato come l’esposizione al cellulare modifichi il metabolismo del glucosio nel cervello. “Non conosciamo ancora l’esito di questo cambiamento, ma sappiamo che è il telefonino a provocarlo. E nessuno d’ora in poi potrà più sostenere il contrario”. Levis ricorda anche che la Francia ha vietato la pubblicità dei cellulari mirata ai ragazzini (come successe per il fumo) e ne scoraggia pesantemente l’uso. Lo stesso succede in Israele, Finlandia e Russia, solo per citare alcuni esempi. “Bastano alcuni accorgimenti, a partire dall’auricolare, per ovviare al problema. Nessuno vuole demonizzare l’utilissimo strumento, solo usarlo consapevolmente”.
 
L’industria non ne vede il motivo. Prima del pronunciamento dell’Oms avevamo girato una serie di quesiti a Jack Rowley, il direttore scientifico della Gsm Association che raggruppa produttori e operatori. La prima risposta era chiara, ma è finita sbriciolata dal dietrofront degli ultimi giorni: “Seguiamo l’avviso dell’Organizzazione mondiale della sanità per cui nessun effetto avverso alla salute è stato stabilito circa i segnali radio dei telefoni mobili”. Insomma, il cardine della difesa della lobby dei telefonini è venuto meno e dovranno riformulare la loro posizione ufficiale. La seconda risposta era cominciata bene (“un cellulare può essere sempre usato a diretto contatto con la testa perché l’antenna è stata piazzata a distanza sufficiente da rispettare la percentuale di emissione di radiazioni”) per poi aggrovigliarsi in una serie di distinguo meno tranquillizzanti. Dice: “Alcuni cellulari sono stati concepiti per essere usati con una piccola separazione dal corpo, dagli 1,5 ai 2,5 centimetri a seconda dei modelli. Se tale distanza è specificata, sarà quella cui saranno condotti i test sulle radiazioni”. Sotto, potrebbe far male. Ma quante persone conoscete che tengano, tra l’orecchio e un Blackberry, lo spessore di un romanzo da 300 pagine o, con un iPhone, quello di un grosso sigaro?
A giugno scorso è stato decisivo nel far passare una legge che obbliga i rivenditori di cellulari di San Francisco a esporre i livelli di radiazioni dei diversi modelli. Ellen Marks, moglie di un altro sopravvissuto, è stata ascoltata dal Congresso. Il prossimo traguardo è far approvare la stessa norma in altre contee e stati. “Per arrivare magari alle avvertenze come sui pacchetti di sigarette” dice, facendo notare che però, quanto a influenza, Big Tobacco sembra un’impresa familiare rispetto a Big Phone”. Lagorio lo liquida dandogli del “crociato”. Di certo ci mette entusiasmo militante ma la firma automatica della sua email dice solo “Se non cercate, non troverete”. Una proposizione illuministica, difficilmente smentibile.
Sotto il limite ma non troppo
Il pericolo si misura in Sar
La quantità di radiazioni emessa dal cellulare si misura in Sar, che è il Tasso di assorbimento specifico. In questo modo è possibile misurare la quantità di emissioni elettromagnetiche assorbite dal corpo umano. Il tetto consentito varia a seconda della legislazione vigente: l’Unione Europea ha fissato la soglia di 2 watt/kg, mentre Stati Uniti e Canada hanno un limite più basso di 1,6 watt/kg. I livelli di emissione comunque variano in funzione delle caratteristiche fisiche dell’utente, dipendono dal segnale disponibile e dalla modalità di utilizzo dello stesso apparecchio. Ecco quanto emettono i telefonini in commercio.Misure semplici ed economiche che evitano il contatto diretto del telefono con la testa riducono l’esposizione alle onde elettromagnetiche. Nel dubbio gli esperti consigliano di usare piccoli accorgimenti che limitino il rischi
I bambini rischiano di più
È una questione di ‘testa’
La scatola cranica dei bambini è più sottile. Non solo, anche la ‘guaina’ che isola i neuroni è ancora in formazione. Per questi motivi le radiazioni penetrano in parti più vaste del cervello rispetto agli adulti. Ma c’è anche chi minimizza il pericolo.
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